Siamo alla vigilia della SAM 2016, la Settimana Mondiale dell'Allattamento, e ho voglia di mettere giù alcune riflessioni che da un po di tempo a questa parte mi frullano nella testa e vorrei condividere con chi avrà voglia di leggerle.
Le neomamme ci chiedono spesso aiuto e sostegno nell'intraprendere e avviare al meglio l'allattamento al seno o accompagnarle attraverso una cultura che preferisca l'alto contatto, il contenimento del neonato, il portarlo addosso e il dormire con lui.
Oggi però veniamo chiamate (magari da quelle stesse madri) anche per aiutarle a smettere o diminuire il ritmo con cui i figli chiedono il seno perché i bimbi sono grandi e non accennano a staccarsi quanto piuttosto a continuare un allattamento a richiesta che per esse alla lunga diviene talvolta "soffocante" e percepito come una carenza di libertà e tempo per se o addirittura una dipendenza !
Oggi (magari quelle stesse madri) ci chiamano per aiutarle a gestire un bambino percepito come molto dipendente da loro, che vuol stare solo in braccio, che magari non accetta nessun altro, dorme solo con loro e piange non appena esse si allontanano o non appena viene avvicinato o affidato ad altre persone...
Oggi tante, sempre più mamme, si sfogano nei gruppi sui social dove esprimono fatica, frustrazione e talvolta senso di soffocamento di fronte ad un rapporto che le vede a totale disposizione affettiva e nutrizionale del proprio bambino, tanto da chiedere conferma sul proprio agire o addirittura chiedere come fare per "alleggerire" tale rapporto!
Non vale per tutte le madri e tutti i bambini, questo sia chiaro.
Né mi permetterei di criticare la teoria dell'attaccamento né il valore dell'allattamento, anche di un bimbo più grande, che invece sostengo a spada tratta!
Si tratta di riflessioni....che sta succedendo?
Parlare di allattamento a richiesta ad esempio ha una certa valenza se pensiamo al neonato e al bambino fino allo svezzamento, mentre ne ha tutt'altra se pensiamo ad un bambino di due anni.
Se per il neonato l'allattamento a richiesta è il meglio a livello nutrizionale poiché gli permette di ricevere quantitativamente e qualitativamente ciò che in quel momento gli serve inviando messaggi ben precisi alla ghiandola mammaria che reagisce di conseguenza regolando la propria produzione, è anche vero che un bimbo completamente svezzato non ha più bisogno di tali ritmi a livello nutrizionale poiché riceve (o dovrebbe ricevere) tutti i nutrienti dall'alimentazione solida che ormai dovrebbe essere consolidata.
Certo il seno non è solo nutrizione, è vero! Per un neonato è contenimento, abbraccio, coccola: è ritrovare quelle particolari sensazioni che aveva vissuto nel ventre materno fino a poco prima!
Per un neonato, appunto! Perché conosciamo il valore dell'esogestazione, di quei nove mesi/un anno in cui per un corretto sviluppo emotivo e psicofisico occorre assicurargli condizioni quanto più simili a quelle dell'utero, e il seno è una risposta universale, non si può sbagliare!
Il bimbo però cresce e sviluppa molte capacità tra cui l'indipendenza; certo un bimbo cresciuto nell'alto contatto è facilitato proprio in questa acquisizione, è vero, dovrebbe essere un individuo maggiormente sicuro di sé poiché nato e cresciuto in una situazione molto rassicurante e confortante emotivamente e affettivamente parlando! Ma allora come dovrebbe evolvere a quest'età il significato del seno materno per lui? E' ancora il (solo) mezzo che gli da tale rassicurazione? E in che misura? Fino a che punto è corretto (per il suo sviluppo) che sia l'unico mezzo, o quasi, perché il bambino sia rassicurato circa il rapporto emotivo-affettivo con la madre? Quanto tempo e spazio potrebbe togliere allo sviluppo di un diverso modo di rapportarsi tra mamma e bambino tenendo conto delle sue tappe evolutive?
Non mi è mai piaciuto sentir parlare di bimbi che "usano il seno come cuccio", ma forse riflettendo non mi piace quando si tratta di neonati. Perché per un neonato il seno è effettivamente anche rassicurazione e consolazione. Ma per un bimbo, ad esempio, di due anni...quanto si può dire che sia sempre corretto e utile nell'ottica della sua maturazione affettivo-relazionale attaccarsi al seno materno a scopo appunto emotivo e di rassicurazione (chiarito che non è più essenziale a scopo nutrizionale) a richiesta (intendiamoci, la coccola al seno la sera prima di nanna o al mattino nel lettone appena sveglio, piuttosto che quando il bimbo si fa male o in situazioni molto particolari e circoscritte, perché no!!)? E quanto è giusto per la madre? Ho sempre pensato che se per mamma e bimbo un'abitudine, un comportamento o un modo di relazionarsi sono ben accetti da ambo le parti, se rendono felici e soddisfatte ambo le parti, allora siano quelli giusti per loro. Ma molto spesso una delle due parti, nello specifico la mamma, alla lunga avverte la fatica e il peso (talvolta la frustrazione) di tale "dipendenza" in modo crescente. Quante mamme che allattano a richiesta un bimbo "grande" non si sentono molto vincolate da tale relazione? Legate da sentirsi talvolta un pochino "soffocare"? Da desiderare maggior indipendenza? Un occhio in più al proprio lato femminile e anche sessuale? Quante non hanno percepito il desiderio di trovare altri modi/tempi/spazi con cui relazionarsi col proprio bimbo senza percepire che egli non cerchi in loro solamente la tetta? Senza sentirsi "una tetta"! Quante mamme sento preoccupate che il bimbo le desideri solamente per la tetta per poi perdere interesse!
Se la madre è frustrata e infastidita pensiamo realmente che il bambino non lo percepisca??? Pensiamo sul serio che un seno dato a richiesta con fastidio e frustrazione mantenga i suoi benefici???
Probabilmente il bambino percepisce tali sentimenti e non riuscendo a dar loro un nome si attacca ancora di più a tale relazione seno-mediata in quanto più familiare, immediato e utilizzato mezzo di rassicurazione legato alla figura di sua madre. Dando vita ad un circolo vizioso....
Ora proviamo a rovesciare la medaglia....
...Siamo sicuri che la "dipendenza" dal seno talvolta non parta proprio dalla mamma? Una mamma che per prima vede nel rapporto seno-mediato con il figlio il modo più rassicurante ed immediato per interagire con lui in ogni situazione? L'unico che rappresenti per lei una strada ben solcata e di sicuro successo? Quella strada che magari all'inizio è stata un pochino in salita ma che con l'aiuto di qualcuno è presto divenuta una facile discesa? E' vero infatti che offrendo il seno al neonato non si sbaglia! Ha fame, sete, sonno, bisogno di rassicurazione e consolazione, mal di denti, mal di pancia? Al seno il neonato si calma praticamente sempre! Evviva il seno! Potremmo dire che rende tutto più facile: potenzialmente non ho bisogno di interpretare i bisogni che il bambino manifesta attraverso il pianto non sapendo esprimerli diversamente, quindi poco importa se sia fame o stanchezza, il seno è la risposta. Ma il neonato cresce, diviene un bimbo che impara a manifestare i bisogni in modi diversi e sempre più chiari. Se comunque la risposta resterà sempre e comunque il seno (poiché come detto sopra di facile ed immediata attuazione e di sicuro risultato), come posso pretendere una volta che mi sarà stancata di tale "dipendenza" che lui accetti di buon grado risposte di diverso tipo? E inoltre, sarò capace io, madre, di rispondere con diverse modalità di interazione ai diversi bisogni espressi? Probabilmente capace sì, solo che non lo so perché non l'ho mai fatto avendo a disposizione il seno, risposta universale.
Non me ne vogliate mamme, le mie sono riflessioni, spunti, nulla di universalmente applicabile, sappiamo che non ci sono regole fisse e che ogni mamma conosce al meglio il proprio bimbo e solo lei sa la risposta.
Vi regalo questi spunti, ciascuna nel suo intimo saprà bene che farsene!